Nelle tradizioni popolari di ciascun continente sono tramandati metodi di cura a base di piante, utilizzati nei secoli in alcuni casi fino ai giorni nostri, che sono stati oggetto di ricerca scientifica con risultati interessanti e spesso sorprendenti. Dalla medicina tradizionale africana abbiamo ereditato la conoscenza dell’estratto di una pianta che è oggi è conosciuta ed utilizzata correntemente in Europa a motivo delle sue proprietà: l’Artiglio del Diavolo.
Un po’ di storia
L’Artiglio del diavolo (nome scientifico Harpagophytum procumbens ) è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Pedaliacee, originaria del Sud Africa, che cresce nelle aree di savana e nel deserto Kalahari, il quarto deserto al mondo per dimensioni, che si estende su un altopiano dell’Africa meridionale a 900 metri di altitudine media, su una superficie estesa oltre tre volte quella italiana.
Il nome popolare di questa pianta, dai fiori rosso violetto, deriva dal fatto che è provvista di radici che presentano un corredo di uncini nelle quali gli animali e i roditori possono rimanere impigliati e morire di fame. In realtà non sono le vere radici ad avere gli uncini, bensì i frutti, e la porzione della pianta che viene utilizzata ai fini terapeutici sono le radici secondarie, organi di deposito del diametro di 6-20 cm., che possono raggiungere il peso di 600 grammi.
Le proprietà dell’Artiglio del diavolo
L’estratto di questa pianta è ampiamente conosciuto nella medicina tradizionale africana ed i suoi effetti sono noti da secoli alle popolazioni africane. Le radici erano utilizzate da boscimani, ottentotti e bantu per curare febbre, ferite, artrite reumatoide, dolori articolari, infezioni del pancreas, e per le proprietà digestive e terapeutiche nei problemi gastrici ed intestinali.
Nei primi del ‘900, con l’occupazione della Namibia da parte dei tedeschi, l’Artiglio del diavolo venne importato in Europa dove venne utilizzato inizialmente come amaro tonico nei casi di indigestione. Degli studi effettuati successivamente in Germania ne hanno confermato le proprietà antinfiammatorie e analgesiche.
Usi bioterapeutici
La porzione della pianta attualmente utilizzata sono le radici secondarie dalle quali viene ricavato un estratto titolato e standardizzato.
I costituenti bioterapici principali sono gli iridoidi (arpagoside, arpagide e procumbide), β-sitosterolo, acidi triterpenici, flavonoidi, stachiosio, harpagochinone (benzochinone).
L’attività bioterapica principale è antinfiammatoria, analgesica, spasmolitica, terapeutica nelle affezioni reumatologiche croniche, dispepsie, spasmi intestinali. Ha inoltre proprietà antiossidante, antimalarica, antidiabetica, antiepilettica, antimicrobica.
La utilizzazione bioterapica è specifica per il trattamento della infiammazione articolare che si esplica tramite la inibizione dei mediatori chimici coinvolti nella infiammazione (TNF-α, IL-6, COX-1, COX-2, blocco dell’AP-1).
Tale azione consiste nella riduzione del livello di dolore globale, della rigidità e dei disturbi funzionali generali, con riduzione statisticamente significativa nei punteggi del dolore medio per mano, polso, gomito, spalla, anca, ginocchio e mal di schiena e nelle malattie articolari infiammatorie della cartilagine, artrite ed artrosi.
Gli effetti sul dolore e sulla disabilità sono particolarmente evidenti nel medio termine dato che l’attività terapeutica si manifesta dopo circa una settimana di latenza e consiste in un’azione antiflogistica (dovuta al blocco della sintesi di prostaglandine), analgesica periferica, miorilassante (per regolazione del flusso di calcio nella muscolatura liscia), cardioprotettiva ed antiaritmica, ipocolesterolemizzante.
È efficace per contrastare insonnia, distonia neurovegetativa, sindromi dolorose (emicrania, spasmi colici e biliari).
Ha proprietà antiossidanti che contribuiscono ad incrementare gli effetti antiinfiammatori ed analgesici. Ha proprietà antimalariche.
È utile nel trattamento delle epatopatie, affezioni delle vie biliari, nefropatie ed affezioni vescicali, favorisce l’eliminazione dell’acido urico ed il trattamento della gotta.
Tradizionalmente pomate a base di Arpagofito, ottenute da radici fresche, venivano applicate sull’addome in caso di parti difficili a motivo della attività stimolante sulla contrattilità uterina.
Un altro prezioso estratto da aggiungere al prontuario dei nostri rimedi fitoterapici per prevenire ed aiutare il trattamento di disturbi di frequenza quotidiana. Anche in questo caso è fondamentale affidarsi al consiglio esperto del fitoterapeuta, del farmacista, dell’erborista, del medico, per utilizzare in modo efficace e privo di rischi le virtù della medicina africana con criteri di sicurezza ed appropriatezza proprie della medicina europea.
La natura ci precede nell’approntare i rimedi ai nostri problemi di salute. A noi conoscerli, scoprirli, apprezzarli!